Maria Bashir

LA LEGGE DEL CORAGGIO

foto e testo di Laura Salvinelli

 

 

   Nel documentario Half Value Life di Alka Sadat (2008) Maria affronta il marito di una bambina di 9 anni ceduta in sposa dal padre oppiomane in cambio di una ragazza per sé. Nell'ufficio del procuratore la piccola, che ha gli occhi offuscati da versamenti di sangue e le mani orrendamente bruciate, accusa il marito, anche lui oppiomane, di torturarla per tenerla sveglia la notte. Guardandolo in faccia, Maria gli chiede: "Ma ti sembra che il corpo di questa ragazzina sia pronto per l'intimità?" e lancia l'accusa come un anatema: "Maledetto sia il padre che le ha rovinato la vita per sempre! Esiste crimine più atroce di questo?" Chi è questa donna afghana che osa sfidare le ferree leggi del patriarcato?

   Maria Bashir dal 2006 è il procuratore generale della Provincia di Herat, l'unica donna a coprire tale incarico in tutta la storia dell'Afghanistan. Nel 2011 è una delle International Women of Courage del prestigioso premio assegnato dal segretario di Stato Hillary Clinton a donne che mostrano eccezionali coraggio e leadership in difesa dei diritti e del rafforzamento delle donne, spesso mettendo le proprie vite in pericolo. E la rivista Time la piazza fra i suoi 100: le persone più influenti e autorevoli del mondo, le cui idee accendono dialogo e dissenso, a volte anche rivoluzioni. Com’è possibile che una donna afghana sia arrivata a tanto, e a che prezzo?

   "Sono nata quarantun anni fa a Kabul in una famiglia privilegiata. Mia nonna era istitutrice delle donne delle case reali di Zahir Sah e Amanullah Khan, insegnava loro a cucire e ricamare. Mio nonno era un soldato del re Amanullah Khan e mio padre un dirigente dell'Afghanistan Development Bank di Kabul. Mia madre, una donna coltissima, si sposò a 14 anni, e mi ebbe a 16. Ora gli uomini sono diventati aggressivi per la guerra, ma io e miei due fratelli e due sorelle siamo cresciuti secondo i principi dell'Islam che insegnano che uomo e donna camminano insieme sui sentieri della vita sostenendosi e completandosi l'un l'altra. Nella mia famiglia è stata mia madre a insegnare a mio padre a pensare positivamente, e a me a sognare grande. Si è sempre assunta tante responsabilità e mio padre l'ha amata moltissimo. Mio padre, che purtroppo è scomparso tre anni fa, mi ha insegnato che l'impegno nell'educazione e nel lavoro sono alla base di un buon carattere, mi ha sempre sostenuta, anche nelle scelte più difficili, e incoraggiata a credere che ce l'avrei fatta. Senza i miei genitori, non sarei mai diventata quella che sono". Incontro Maria nello stesso ufficio del documentario di Alka Sadat. Da qui nell'ultimo anno ha ottenuto la condanna di 2.500 persone, di cui 170 donne per reati legati alla moralità e alla prostituzione. Ha anche ottenuto la pena capitale per 15 uomini. La procuratore mi accoglie con generosa e semplice disponibilità: le fa senz'altro piacere mantenere il dialogo con la comunità internazionale, e probabilmente anche fare una pausa nel suo lavoro "noioso e pericoloso". Vorrei sapere di più della sua storia, capire da dove prenda forza e determinazione. "Da bambina sognavo di stare sul palcoscenico, col pubblico che mi applaudiva. Quando ora vado in giro spesso mi chiedono un discorso e alla fine le persone mi applaudono: in qualche modo il mio sogno si è realizzato. Da adolescente sono stata una ragazzaccia; guidavo la motocicletta di mio padre, cosa inconcepibile per una ragazza afghana. A scuola i professori mi dicevano sempre che ero una ragazzaccia, però molto intelligente e capace". Anche la scelta del suo compagno è particolare: contrariamente alla tradizione dei matrimoni organizzati dalle famiglie, molto spesso tra cugini, "mio marito me lo sono scelta da sola, e non solo non è mio cugino, ma appartiene anche a un altro ramo della religione: lui è sciita e io sunnita". Si sposa nel 1996 e va a vivere nella città del marito, Herat. Nascono Yasser, Yasaman e Sajad, che ora hanno 18, 16 e 13 anni.

  "Al momento di scegliere il corso universitario ho scritto Legge come prima seconda e terza opzione. Ho scelto di studiare Legge per servire e difendere coloro i cui diritti sono negati". Dopo il praticantato, Maria Bashir lavora come investigatore criminale nell'ufficio del procuratore generale nazionale prima a Kabul, poi a Herat. Qui la sua brillante carriera bruscamente si interrompe: nel 1996 inizia il regime dei Talebani, che riportano il Paese al medioevo e chiudono in casa le donne. La futura procuratore generale insegna clandestinamente alle ragazze e aspetta che finisca l'epoca buia delle lunghe barbe. Nel 2006 l'allora procuratore generale, ritenuto da tutti un conservatore, va in visita a Herat. Maria si fa notare per il suo coraggio: nonostante l'abbiano consigliata di mantenere il profilo più basso possibile, gli chiede un parere sulla presenza femminile nell'ufficio. Il procuratore a sorpresa risponde che è positivo, la loda per come ha seguito il caso dell'omicidio della poetessa e giornalista Nadia Anjuman, e prima di andar via la nomina procuratore generale della Provincia di Herat. Un mullah prevede che non sarebbe durata più di un mese, ma la sua visione è ben più angusta di quella di Maria.

   Maria la coraggiosa è ancora in carica, e questo fa indignare le menti anguste che si sentono sfidate dalla donna che osa combattere la corruzione dilagante oltre all'oppressione delle donne. Il prezzo che paga è elevatissimo: vive sotto costanti minacce e ha subito numerosi attentati. A renderlo ancora più elevato è il costante senso di colpa per mettere in pericolo i suoi cari. Le hanno fatto esplodere una bomba davanti casa, all'ora in cui i figli erano soliti giocare fuori. Hanno rapito e ammazzato il figlio di una delle sue guardie del corpo, scambiandolo per il suo. "Proprio in questi giorni il figlio di un importante leader talebano che è stato arrestato dai militari NATO dell'ISAF ha minacciato di far rapire uno dei miei figli se non sarà rilasciato". Vive circondata da un piccola schiera di angeli custodi, 18 guardie armate che le sono state assegnate dagli Stati Uniti poiché l'Afghanistan ignorava le sue richieste di protezione. 

   Le difficoltà della vita di Maria tuttavia scompaiono di fronte a quelle delle donne dei casi che affronta. Il 70-80 % delle donne afghane sono costrette a sposarsi, molte anche a   9-10 anni, anche se il matrimonio prima dei 16 anni è illegale, e il 60% subiscono abusi fisici. Nelle aree rurali ho visto fidanzate in culla: i genitori si mettono d'accordo per stringere legami fra famiglie a volte addirittura prima che la bambina nasca. Le ribelli pagano caro. A Herat mi sono fatta raccontare le storie dalle detenute del riformatorio giovanile, da 12 a 18 anni. Su dieci ragazze intervistate una sola aveva rubato, tutte le altre erano scappate di casa con un altro per evitare matrimoni forzati: "crimine" che comporta due anni di prigione. Nel centro grandi ustionati dell'ospedale regionale della città in cui vive la Bashir ho fotografato le donne autoimmolate per il mio libro Hospital Life in Afghanistan (Postcart, 2011). Tutti casi, secondo il carismatico direttore Mohammed Arif Jalali, legati ad ignoranza, povertà e soprattutto ai matrimoni forzati e al potere dei mullah, che fanno legge illegalmente nei villaggi, applicando la Sharia. Secondo la Sharia gli uomini possono sposare più mogli, ma la punizione per un'adultera è la lapidazione. In Afghanistan una donna non può divorziare se il marito non è d'accordo. Ma se è l'uomo a voler divorziare, gli basta andare dal giudice, e la moglie si trova divorziata anche senza il suo consenso, e addirittura perde le figlie dai 7 e i figli dai 9 anni in su. "Le donne afghane preferiscono morire che perdere i loro figli: questa è una delle cause principali per cui le donne si danno fuoco" dice la Bashir che ha seguito anche casi di autoimmolazione..

   In Afghanistan il sistema giuridico comprende sia il codice secolare basato sulla costituzione del 1964, una delle più democratiche nel mondo musulmano, sia la legge tradizionale islamica. Per tenace conservatorismo molti giudici applicano una lettura fondamentalista della legge islamica, comminando le pene della Sharia. "Io cerco di far seguire ed applicare solo la legge costituzionale: la Sharia è pensata per tempi antichi, e molto pericolosa per le donne". Nonostante durante tutto il nostro incontro la procuratore abbia parlato in dari, questo punto cruciale me lo dice in inglese, con voce dolce e ferma.

   L'Italia è accanto alla procuratore Bashir in quanto lead country, nazione guida nella ricostruzione delle istituzioni giuridiche afghane. "Apprezzo il lavoro effettivo di sostegno del governo italiano al dipartimento giudiziario di Herat: sono grata al PRT (Provincial Reconstruction Team, unità civile-militare per la ricostruzione e stabilizzazione) per aver ricostruito questo ufficio che dirigo e donato l'attrezzatura amministrativa, e all'ufficio di Herat della Cooperazione Italiana per essersi impegnato, insieme all'organizzazione internazionale di sviluppo della legge  IDLO, ad offrire servizi di aiuto legale ai cittadini afghani. In particolare, adoro il sostegno della Cooperazione Italiana per la formazione di un'unità dedicata allo sradicamento della violenza contro le donne all'interno di quest’ufficio. Abbiamo bisogno di molti altri sforzi e fondi, ma non bisogna sottovalutare quanto è stato fatto". 

   Per quanto sia più difficile di qualche anno fa immaginare il futuro del suo Paese, Maria Bashir è sicura che molto dipenderà dall'impegno del governo afghano e della comunità internazionale a favore di diritti e libertà delle donne. È convinta che rafforzare il ruolo della legge sia fondamentale per costruire un mondo migliore, e lo fa con smisurati impegno e coraggio. Speriamo che non rimanga sola. 

    Mi ringrazia calorosamente per il mio lavoro a favore delle donne afghane e per il tempo che le dedico, e, poiché ho notato che l'immagine di Karzai che avevo visto riprodotta nel documentario e nelle interviste è un tappeto, me ne promette un altro, fatto dalla stessa organizzazione di donne, così che mi ricorderò sempre di lei e delle donne afghane. Il tappeto mi arriva qualche giorno dopo, raffigura la carta dell'Afghanistan, ed è accompagnato da una scatola dei migliori dolci di Herat: chiaro, apprezzatissimo segno della generosa, grandiosa, sentimentale ospitalità afghana.