Noi, afghane. Voci di donne che resistono ai talebani

Asia, 7. “I am engaged, but I don’t want to marry; I mean, not before having completed the school and learned more. I would like to become a teacher. I hope that when my fiancé grows up he  will be a good man. I am happy that soon we will have clean water in Malooma”. 2011
Mother and son, IDPs, beneficiaries of GVC's project of rural development and animal husbandry in Pashtun Zargun Disctrict financed by UNHCR. Province of Herat, Afghanistan, 2012
Gul Afrooz, does not know her age. “I became like this for my husband’s violence. One of my feet is warped due to a fracture which was not cured, I am not all there and my five children don’t accept me as their mother. These goats make me joyful”.  Mentally disabled persons have to face an acute marginalization as they suffer the social stigma, as well lacking of proper assistance. 2011
One of the IDPs beneficiaries of GVC's project of rural development and animal husbandry in Pashtun Zargun Disctrict financed by UNHCR. Province of Herat, Afghanistan, 2012
Kobra, 3, in the background her great aunt Nasima, who does not know her age. Zia Gul, Kobra’s mother, says: “I am very depressed. I have three children, my husband injured his hand and can’t work anymore, I am unemployed too. Kobra is a very quiet child and at least, thanks to GVC, she will be drinking safe water”. 2011

A cura di Lucia Capuzzi, Viviana Daloiso, Antonella Mariani

con fotografie di Laura Salvinelli

 

https://www.vitaepensiero.it/scheda-libro/autori-vari/noi-afghane-9788834354735-395484.html

 

Mariam, Zarifa, Madina, Shaza… Donne senza diritti, donne che vivono in prigioni di stoffa, donne che non possono più lavorare né completare gli studi. Donne che nell’Afghanistan dei taleban hanno solo una possibilità per esistere: scomparire. Sono alcune delle oltre quaranta protagoniste alle quali le giornaliste di «Avvenire» hanno dato voce nella campagna #avvenireperdonneafghane svoltasi nei primi mesi del 2023 sulle pagine del quotidiano e online. Storie intense raccolte insieme per la prima volta in questo libro: di sofferenza, come quella di Roqia, che da Kabul racconta come il suo sogno di diventare pilota è naufragato nei divieti dei fondamentalisti islamici; ma anche di tenacia, come quella che nella capitale vietata alle donne ha consentito a Meena di proseguire la sua attività di catering. In questo libro ci sono le lettere inviate dall’Afghanistan ad «Avvenire» da insegnanti che hanno perso il lavoro, da infermiere che invece resistono, da operatrici umanitarie che ogni giorno temono che un nuovo divieto possa sbarrare loro la strada. 
A impreziosire i racconti e le testimonianze, le intense immagini scattate dalla fotografa romana Laura Salvinelli, più volte inviata in Afghanistan a testimoniare con il suo obiettivo che la luce non abbandona mai le donne afghane, nemmeno nei momenti più bui. A queste immagini si sono ispirate scrittrici del calibro di Mariapia Veladiano, Ritanna Armeni, Marina Terragni, Tiziana Ferrario e Silvia Resta per le loro riflessioni sul dolore di essere donna, oggi, nell’Emirato islamico dei taleban.