INCANTEVOLE VUKOTIC
Incontro in occasione del suo novantesimo compleanno
foto e testo di Laura Salvinelli
“Dopo una replica di Giselle al Teatro dell’Opera di Roma e una cena in tre sull’Appia Antica, Rudolf Nureyev non vuole rientrare in albergo, allora con la mia cinquecento porto lui e quella che era stata mia madrina all’Opéra di Parigi Nina Vyrubova, ospite da me in quei giorni, all’Isola Tiberina. I due grandi amici hanno bevuto molto. Rudolf non è ubriaco pazzo ma molto rilassato. Prende un giornale, ci fa un cappello da imbianchino a forma di barchetta, se lo mette in testa, e gironzola facendo dei passi e dei movimenti con le braccia. È notte fonda, non c’è un’anima in giro a parte noi tre, e Nureyev danza come un bambino all’Isola Tiberina”. Sembra un sogno ma è uno dei tanti ricordi della vita meravigliosa di Milena Vukotic che ripercorriamo insieme per festeggiare i suoi 90 anni compiuti il 23 aprile.
“Sono nata a Roma da papà montenegrino e mamma italiana. Il nonno di mio padre, un pope ortodosso, cacciò di casa uno dei due figli che aveva deciso di dedicarsi al teatro e non andò al suo funerale quando morì giovane di tubercolosi, perché secondo lui aveva disonorato la famiglia”, ci racconta. “Per fortuna, poi l’arte è stata accolta, praticata e incoraggiata. La mia infanzia è stata all'insegna dei viaggi, del cambiamento di scuole, di amichette, di case, e del culto dell’arte. Mio papà è stato un diplomatico, ha scritto per il teatro e fatto parte di un gruppo di futuristi. Tutte le figure femminili sono state molto energiche e realizzate: mia nonna materna una famosa pianista, una bambina prodigio che aveva iniziato a lavorare e viaggiare a otto anni e che ha continuato per tutta la vita, mia mamma una pianista e compositrice. All’inizio volevo diventare come loro, e prendevo lezioni di pianoforte da mia madre. La musica mi ha portata alla danza – mi ha convinta mia sorella perché ero magrissima. Per il lavoro di mio padre ci siamo spostati da Londra a Istanbul, a Vienna, all’Aia, fino a quando ho deciso che non potevo più continuare a cambiare tutto e mi sono fermata a Parigi, dove ho studiato al Conservatorio di danza dal quale sono uscita con un primo premio che mi ha fatto entrare nel Balletto dell’Opéra di Parigi. Dopo un anno, siccome avevo bisogno di guadagnarmi da vivere, perché nel frattempo c'erano stati dei cambiamenti in famiglia, sono entrata in una grande compagnia internazionale di danza, il Grand Ballet du Marquis de Cuevas, che aveva sostituito i balletti russi di Diaghilev e che aveva ospitato Rudolf Nureyev quando nel 1961 era fuggito dall’aeroporto di Parigi”. Un inizio di carriera che non avrebbe fatto desiderare altro alla maggior parte degli artisti ma, dopo tre anni di tournée in giro per il mondo, una grande svolta: “Avevo sempre desiderato esplorare il cinema, infatti avevo studiato anche recitazione. Vedo La strada di Federico Fellini e capisco che è arrivata la chiamata giusta al momento giusto: mi trasferisco a Roma e ricomincio di nuovo tutto da capo”.
Vince una borsa di studio, fa un corso alla televisione e da lì inizia a lavorare come attrice. Nel cinema dopo il debutto riesce a incontrare Fellini e conquista una particina nell’episodio Le tentazioni del dottor Antonio in Boccaccio ’70 – poi reciterà anche in Giulietta degli spiriti e nell’episodio Toby Dammit in Tre passi nel delirio. Sarà diretta da Luis Buñuel, Mario Monicelli, Ettore Scola, Nanni Loy, Lina Wertmüller, Ferzan Özpetek, Dino Risi, Steno, Carlo Lizzani, Franco Zeffirelli, Mauro Bolognini, Bernardo Bertolucci, Andrej Tarkorvskij, Nagisa Ōshima e non solo. In teatro entra nella compagnia di Rina Morelli e Paolo Stoppa dove c’era il meglio del teatro italiano, poi recita per Franco Zeffirelli e Giorgio Strehler e tanti altri. Insomma: “Ho lavorato con i più grandi”. Finalmente, nel 2024 è stata premiata col David di Donatello alla Carriera. Quando alla cerimonia di assegnazione le hanno chiesto se le dà fastidio essere riconosciuta sempre e solo come Pina, la moglie di Fantozzi, ha risposto: “Assolutamente no, perché essere amati non dà mai fastidio”.
Milena lavora sempre, instancabilmente: “Non è lavoro, è la mia vita. Invece in vacanza, anche se probabilmente sbaglio, un giorno sto bene, ma non di più”. Sembra senza età, mantiene il candore e lo stupore della bambina di fronte al miracolo della vita: non a caso tiene particolarmente al ruolo di Alice interpretato a 37 anni nello sceneggiato televisivo Nel mondo di Alice di Guido Stagnaro, una “strana cosa surreale” in cui Ave Ninchi interpreta la Regina di cuori e Franca Valeri la Duchessa brutta, la scenografia e i costumi sono di quel genio di Lele Luzzati, e la regia dell’inventore del fantastico Topo Gigio. E conserva la grazia e la levità sempre unite alla forza, alla determinazione e alla disciplina della danzatrice: “Il balletto classico richiede un lavoro che è contro natura, perché il corpo umano non è fatto per camminare sulle punte e saltare come i canguri o i felini, è una disciplina assoluta che va praticata con amore e rigore fin da piccoli”. Alla domanda se, nonostante tante soddisfazioni, ha dei rimpianti risponde decisa: “No, perché non si può avere tutto”.
Gli incontri fondamentali, i “grandi regali” della sua vita sono stati innanzitutto Fellini, che “è stato alla base del mio cambiamento di vita e mi ha sempre ispirata e guidata con i suoi consigli”. Poi Buñuel che l’ha diretta come protagonista nei suoi ultimi tre capolavori, Il fascino discreto della borghesia, Il fantasma della libertà e Quell’oscuro oggetto del desiderio. L’incontro col maestro del cinema surrealista non poteva non avvenire anche nella dimensione onirica: “Durante le riprese del primo film, avevo comprato un libro su di lui ma non avevo osato chiedergli di firmarmelo. Era giocherellone e molto umano, ma lavorava sempre e aveva un problema alla schiena. Sogno che me lo firma e che scrive: “Siamo tutti uomini liberi”. Il giorno dopo, durante una pausa, mi faccio coraggio e glielo racconto. Don Luis mi guarda e dice: “Dovevo essere completamente ubriaco”, prende il libro e scrive: “Siamo tutti uomini cosiddetti liberi””. Importanti anche gli incontri con Tarkovskij e Ōshima. Mi mostra un orologino che le ha regalato il regista giapponese per ringraziarla di aver recitato in Max mon amour, che porta sempre al collo. Indimenticabile quello avvenuto a Lisbona quando era nella compagnia del marchese di Cuevas. “Eravamo a cena dopo uno spettacolo in una grande villa credo di un industriale, dove c’erano tanti ospiti di molte nazionalità. Noi della compagnia come al solito eravamo stanchi perché la mattina avevamo le lezioni, il pomeriggio le prove e la sera gli spettacoli, che in Portogallo, come in Spagna, iniziano anche più tardi. Stavo per andare via quando un signore si alza per salutarmi, e mi chiede: “Ma lei è italiana?” Gli rispondo che sono nata a Roma ma mio padre è jugoslavo e, dopo aver saputo che anche lui è italiano con la massima naturalezza gli domando come si chiama. Si fa un gran silenzio, questo signore mi guarda sorridendo e Orazio, il segretario del marchese, tutto sudato, mi dice: “È sua maestà il re Umberto II di Savoia”. Non so dove andare a nascondermi dalla vergona, sono sinceramente dispiaciuta pensando a chissà cosa possa provare un re che non viene riconosciuto da una ragazzina – dimostravo molto meno dei pochi anni che avevo. Ma sua maestà mi invita a sedere accanto a lui ed è incuriosito dal mio nome. Gli dico che mi chiamo come la regina del Montenegro ma non sono sua parente. Al che lui conferma: “Lo so bene, era mia nonna”. Mi sono profusa in scuse fino a che un uomo allo stesso tavolo mi ha detto: “Ma non si preoccupi, non si preoccupi. Piuttosto vede quella signora?”, e mi indica una donna in piedi con un vestito di pizzo nero lungo, “quella è la regina di Spagna, glielo dico perché non si sa mai…””
Un capitolo a sé merita l’incontro con l’amato marito Alfredo Baldi, noto storico del cinema, dirigente di vari settori del Centro Sperimentale di Cinematografia dal 1968 al 2007, ex docente di Linguaggio cinematografico all’Università Sapienza di Roma, autore e curatore di numerosi articoli e saggi. Milena e Alfredo hanno trovato la loro formula magica per la felicità, e vivono in due appartamenti accanto uniti da un unico balcone: “Ci siamo sposati da grandi, e da grandi si ha bisogno dei propri spazi, tempi e abitudini”.
Durante il servizio fotografico, con un cambio d’abito Milena si trasforma inaspettatamente in un personaggio che mi ricorda l’adorabile protagonista di Harold e Maude di Hal Ashby. Glielo dico e vengo a sapere che lo spettacolo che sta preparando effettivamente è stato ispirato da quel film, e racconta l’incontro tra reale e surreale di un’insegnante di musica, un tempo grande pianista, con un adolescente ritenuto inadatto al mondo. Lezione d’amore. Sinfonia di un incontro di Andrée Ruth Shammah ha debuttato il 23 aprile – quale modo migliore per festeggiare il novantesimo compleanno? – e andrà in scena fino al 18 maggio al Teatro Franco Parenti di Milano. Tanti auguri, donna e artista incantevole, Milena Vukotic!